NOTE SUI GIOCHI DEI BAMBINI

Circa un mesetto fa, in radio, c’è stato un acceso scontro tra il Dott. Morelli, noto psichiatra spesso presente nei vari talk show, e la scrittrice Michela Murgia. Tralasciando i toni usati, molto violenti da parte di entrambi, ciò che mi ha colpita è stata l’affermazione riferita ai giochi dei bambini: i maschietti non giocano con le bambole.

Proprio oggi guardavo giocare mio figlio di 17 mesi, che aveva allestito da solo un bel banchetto: un bambolotto seduto, due pentoline, un piattino con il cucchiaino. Era molto concentrato, e in questi casi è bene lasciare che i bambini possano rimanere immersi nel loro mondo. Mi sono limitata ad osservarlo, a percepire il piacere che stava traendo da quell’attività e a riflettere sul senso di quel gioco.

E così che mi è tornata alla mente la discussione tra il dott. Morelli e la Murgia. Veramente esistono giochi da maschio e giochi da femmina? Ma veramente i bambini non giocano “istintivamente” con le bambole?

Nella cesta dei giochi che metto a disposizione per miei figli, come nelle varie scatole che uso a lavoro con i miei piccoli pazientini, ci sono giochi semplici ed essenziali: poche macchinine, un trenino, una palla, una pistola giocattolo, vari animali, dei personaggi che rappresentano la famiglia, un bambolotto e le pentoline, oltre ad articoli di cancelleria, pongo e, in base all’età, giochi di società. E questo “miscuglio” è offerto sia ai maschi che alle femmine (si potrebbe pensare il contrario, ovvero che le femmine non giocano con le macchine: falso!).

Perché questi giochi? Attraverso l’uso che ne fanno, i bambini rappresentano il loro mondo interno, quello che sentono e come vivono la realtà che li circonda. Attraverso il gioco possono mettere in scena un disagio (che solo l’occhio esperto di uno psicoterapeuta infantile può cogliere!) o semplicemente riprodurre la realtà che li circonda, la possono maneggiare e interiorizzare, diventando così parte attiva dell’esperienza. Per un bambino il gioco è piacere! Dobbiamo preoccuparci quando un bambino non gioca, perché in quel caso i livelli di angoscia sono talmente elevati che il bambino è spaventato dal suo mondo interno, e forse anche dal mondo esterno.

Prendiamo l’immagine di mio figlio che gioca con il suo bambolotto. Cosa ci vediamo? Quello che osservo io, è un bambino che mette in scena l’accudimento ricevuto: si prende cura del bambolotto con le stesse modalità con cui sente che sua madre si prende cura di lui, diventa lui la mamma attiva che dà da mangiare al piccolo. È così che nasce il gioco simbolico, uno strumento conoscitivo ed espressivo attraverso il quale il piccolo cresce dal punto di vista cognitivo, sociale ed affettivo e a cui dedicherò un articolo a parte.

Su un punto allora mi trova d’accordo Michela Murgia: i maschi non giocano con le bambole perché non gliele offriamo. Permettiamo ai bambini di sperimentare tutti i tipi di giochi, abbattiamo questo vecchio retaggio culturale che vede le differenze nei ruoli maschili e femminili, e godiamo nell’osservare i nostri figli esprimere il loro mondo interno in tutte le sue sfaccettature.